lunedì 11 gennaio 2010

1947 1993...quante analogie


Millenovecento-47, millenovecento-93 così lontani separati da 46 anni eppure così vicini,simili con gli stessi scenari di cambiamenti..tutt'e due proiettati a sinistra tutt'e due riportati a destra da fattori esterni che fecero sembrare necessario il doversi porre sotto l'ombrello dell'anticomunismo più becero.Proviamo a raccontare quei fatti.
Era il terzo anno consecutivo,dopo la fine della guerra,che i contadini e i braccianti di quelle terre aride ed ingrate si erano dati appuntamento, con i muli e i cavalli bardati a festa, in fondo alla vallata, a pochi metri dalla vecchia strada, dove  podio per i comizi era il «sasso di Barbato» chiamato così perché, fin dal 1864, da lì sopra Nicola Barbato, medico socialista, uno dei fondatori dei Fasci siciliani,ogni anno parlava alla sua gente.
Quel giorno sul «sasso di Barbato» era salito per il tradizionale comizio Giacomo Schirò, un calzolaio, segretario della sezione socialista di San Giuseppe Jato.

Ci sarebbe dovuto essere un prestigioso leader comunista,Gerolamo Li Causi. Ma il giorno prima Li Causi aveva fatto sapere che,impegnato in un'altra manifestazione, non sarebbe intervenuto. Al suo posto era stato chiamato un giovane sindacalista, Francesco Renda. Ma proprio quel l° maggio a Renda si era rotta la moto nei pressi di Altofonte e così, ad essere interrotto dal frgore dagli spari, dal sangue e dalla morte vi si trovò il povero calzolaio.
Il 1947 era cominciato con l'assassinio del dirigente comunista e del movimento contadino Accursio Miraglia (4 gennaio) e il 17 gennaio era stato ucciso il militante comunista Pietro Macchiarella; lo stesso giorno i mafiosi avevano sparato all'interno del Cantiere navale di Palermo. Alla fine di un comizio il capomafia di Piana Salvatore Celeste aveva gridato: "Voi mi conoscete! Chi voterà per il Blocco del popolo non avrà né padre né madre" e la stessa mattina del primo maggio a San Giuseppe Jato la moglie di un "qualunquista truffatore" - come si legge in un servizio del quotidiano "La Voce della Sicilia" - aveva avvertito le donne che si recavano a Portella: "Stamattina vi finirà male" e a Piana un mafioso non aveva esitato a minacciare i manifestanti: "Ah sì, festeggiate il 1° maggio, ma vedrete stasera che festa!". Eppure nessuno si aspettava che si arrivasse a sparare sulla folla inerme, ormai lontana la memoria dei Fasci siciliani e dei massacri successivi.
Quel giorno a Portella della Ginestra morirono undici persone, due bambini e nove adulti. Altri 27 contadini rimasero feriti.Successivamente, per le ferite riportate, ci furono altri morti e il numero dei feriti varia da 33 a 65.
Ma chi e perché aveva aperto il fuoco su una folla inerme e festante? Che messaggio politico si nascondeva dietro quella feroce carneficina?
c'era solo una certezza: quell'eccidio di uomini, donne, bambini, poveri
contadini comunisti e socialisti era avvenuto all'indomani di una grande
vittoria ottenuta dal Blocco dei popolo, una lista formata appunto da PCI e PSI, alle elezioni amministrative regionali, le prime per l'Assemblea siciliana.
(Per la prima Assemblea regionale siciliana si votò il 20 aprile 1947. Il Blocco dei popolo (PCI + PSI) ottenne 591.870 voti, pari al 30,4 per cento e 29 seggi sui 90 da assegnare. La DC subì un clamoroso arretramento rispetto alle elezioni per la Costituente dei 2 giugno 1946. Con una perdita secca di oltre 240.000 voti, raggiunse 400.084 preferenze, 20,5 per cento e 20 seggi. L'erosione democristiana fu recuperata dalle liste di destra: il Blocco Liberal-Qualunquista conquistò infatti 287.698 voti, 14,8 per cento e 14 seggi e il Partito Nazionale Monarchico 185.423 voti,
9,5 per cento e nove seggi. Deludente il risultato del Movimento Indipendentista Siciliano (MIS): 171.470 voti, 8,8 per
cento e otto seggi. Quattro seggi andarono al PSU (il futuro PSDI), tre ai Repubblicani, due all'Unione Democratica Siciliana e uno al Fronte dell'Uomo Qualunque, liste presenti queste ultime solo a Messina.)
A sparare dalle alture sulla gente,gli italiani lo sapranno solo quattro mesi dopo, erano stati gli uomini del bandito Salvatore Giuliano, di Montelepre, un piccolo paese sulla strada che da Palermo porta a Trapani.
Sul movente dell'eccidio furono formulate alcune ipotesi già all'indomani della tragedia. Il 2 maggio 1947 il ministro Scelba intervenne all' Assemblea Costituente, affermando che dietro all'episodio non vi era alcuna finalità politica o terroristica, ma che doveva essere considerato un fatto circoscritto, e identificò in Salvatore Giuliano e nella sua banda gli unici responsabili. Il processo di Viterbo del 1951 si concluse con il riconoscimento della colpevolezza di Salvatore Giuliano (morto il 5 luglio 1950, ufficialmente per mano del capitano Antonio Perenze) e con la condanna all'ergastolo di Gaspare Pisciotta e di altri componenti della banda.Ma Pisciotta durante il processo, oltre ad attribuirsi l'assassinio di Giuliano, lanciò pesanti accuse sui presunti mandanti politici della strage.:« Coloro che ci avevano fatto le promesse si chiamavano così: il deputato DC Bernardo Mattarella, il principe Alliata, l'onorevole monarchico Marchesano e anche il signor Scelba… Furono Marchesano, il principe Alliata, l'onorevole Mattarella a ordinare la strage di Portella… Dopo le elezioni del 18 aprile 1948, Giuliano mi ha mandato a chiamare e ci siamo incontrati con Mattarella e Cusumano; l'incontro tra noi e i due mandanti è avvenuto in contrada Parrini, dove Giuliano ha chiesto che le promesse fatte prima del 18 aprile fossero mantenute. I due tornarono allora da Roma e ci hanno fatto sapere che Scelba non era d'accordo con loro, che egli non voleva avere contatti con i banditi».

In seguito ai riscontri emersi dal processo, diversi parlamentari socialisti e comunisti denunciarono i rapporti tra esponenti delle istituzioni, mafia e banditi. Intervenendo alla seduta della Camera dei deputati del 26 ottobre 1951, lo stesso Li Causi affermava:
    « Tutti sanno che i miei colloqui col bandito Giuliano sono stati pubblici e che preferivo parlargli da Portella della Ginestra nell'anniversario della strage. Nel 1949 dissi al bandito: "ma lo capisci che Scelba ti farà ammazzare? Perché non ti affidi alla giustizia, perché continui ad ammazzare i carabinieri che sono figli del popolo come te?". Risposta autografa di Giuliano, allegata agli atti del processo di Viterbo: "Lo so che Scelba vuol farmi uccidere perché lo tengo nell'incubo di fargli gravare grandi responsabilità che possono distruggere la sua carriera politica e finirne la vita". È Giuliano che parla. Il nome di Scelba circolava tra i banditi. Pisciotta  pretese, per l'attestato di benemerenza, la firma di Scelba: « Il nominato Gaspare Pisciotta di Salvatore e di Lombardo Rosalia, nato a Montelepre il 5 marzo 1924, raffigurato nella fotografia in calce al presente, si sta attivamente adoperando - come da formale assicurazione fornitami nel mio ufficio in data 24 giugno c. dal colonnello Luca - per restituire alla zona di Montelepre e comuni vicini la tranquillità e la concordia, cooperando per il totale ripristino della legge. »  
(stralcio dell'attestato di benemerenza rilasciato al bandito Gaspare Pisciotta a firma del ministro Mario Scelba)
 C'è chi ha detto a Giuliano: sta tranquillo perché Scelba è con noi; Tanto è vero che Luca portava seco Pisciotta a Roma, non a Partinico, e poi magari ammiccava: hai visto che a Roma sono d'accordo con noi? »
Nella storia d'Italia il 1947,quindi, è un anno di svolta e la strage di Portella ha avuto un ruolo nello stimolare e accelerare questa svolta, intrecciandosi con dinamiche che maturano a livello locale, nazionale e internazionale. Il 13 maggio si apre la crisi politica con le dimissioni del governo di coalizione antifascista presieduto da De Gasperi. Il 30 maggio a Roma e a Palermo si formano i nuovi governi: De Gasperi presiede un governo centrista con esclusione delle sinistre e alla Regione siciliana il democristiano Giuseppe Alessi presiede un governo minoritario appoggiato dai partiti conservatori, senza la partecipazione del Blocco del popolo, nonostante la vittoria alle elezioni del 20 aprile. Si apre così una nuova fase della storia d'Italia, in cui le forze di sinistra saranno all'opposizione. La svolta si inserisce nella prospettiva aperta dagli accordi di Yalta che hanno codificato la divisione del pianeta in due grandi aree di influenza, con l'Italia dentro lo schieramento atlantico egemonizzato dagli Stati Uniti e la guerra fredda come strategia di contrasto e di contenimento del potere sovietico.
Nel gennaio del '47 De Gasperi era andato negli Stati Uniti ma è frutto di una visione semplificatrice pensare che abbia ricevuto l'ordine di sbaraccare le sinistre dal governo. In realtà la svolta del '47 è figlia di un matrimonio consensuale in cui interessi locali, nazionali e internazionali coincidono perfettamente. Il messaggio contenuto nella strage è stato pienamente recepito e da ora in poi a governare, accanto alla Democrazia cristiana che nelle elezioni del 18 aprile 1948 si afferma come partito di maggioranza relativa, dopo una campagna elettorale volta a esorcizzare il "pericolo rosso", saranno i partiti conservatori vanamente indicati come mandanti del massacro. In questo quadro la Chiesa cattolica ha un ruolo di primo piano. Il cardinale Ernesto Ruffini, a proposito della strage di Portella e degli attentati del 22 giugno, scrive che era "inevitabile la resistenza e la ribellione di fronte alle prepotenze, alle calunnie, ai sistemi sleali e alle teorie antiitaliane e anticristiane dei comunisti" , plaude all'estromissione delle sinistre dal governo, ma la sua proposta di mettere i comunisti fuori legge, rivolta a De Gasperi e a Scelba, rimarrà inascoltata. I dirigenti democristiani sanno perfettamente che sarebbe la guerra civile.
Facciamo ora un salto di 46 anni,sembrano tanti in realtà non lo sono, gli scenari sono simili ci troviamo ancora di fronte ad un cambiamento:la prima Repubblica quella formata ,anche grazie ai fatti che abbiamo appena raccontato,è morente sotto i colpi di "mani pulite" che travolge una fetta sostanziosa della classe politica di governo  provocando anche  il suicidio di due manager come Gabriele Cagliari e Raul Gardini. A Palermo l'arrivo del nuovo procuratore Giancarlo Caselli coincide con l'arresto di Totò Riina: un grosso successo nella lotta alla mafia, le cui inchieste si apprestano adesso a colpire il livello politico di Cosa nostra. Lo faranno in primavera, inviando un avviso di garanzia al più volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti. A Roma è intanto esplosa la vicenda dei fondi neri del SISDE che, oltre a coinvolgere altri funzionari del servizio segreto civile, fa tremare le fondamenta del Quirinale per i comportamenti assunti dal capo dello stato Oscar Luigi Scalfaro quando era ministro dell'Interno nel governo Craxi. Improvvisamente l'Italia diventa un paese disseminato di bombe vere e false. Se le secondo servono solo a creare allarme e a fare passare per efficienti i disastrati e corrotti servizi segreti italiani, quelle vere provocano ben cinque stragi con 10 morti. Il Paese sembra essere ritornato agli anni bui dello stragismo.
14 Maggio - Esplode una bomba in via Fauro a Roma. Anche in questo caso ci sarà una rivendicazione della Falange Armata . L'attentato, secondo i magistrati diretto contro il giornalista Maurizio Costanzo, provoca 15 feriti.
27 Maggio - Strage di Via dei Georgofili a Firenze, non distante dalla galleria degli Uffizi. Anche questa strage, che provoca 5 morti e 40 feriti, sarà rivendicata dalla Falange Armata. Su vari organi di stampa viene ipotizzata la matrice mafiosa dell'attentato con il coinvolgimento dei servizi segreti e di logge massoniche.
2 Giugno - A Roma, in Via dei Sabini, a 100 metri da Palazzo Chigi, viene scoperta all'interno di un'auto una bomba, poco dopo rivendicata dalla Falange Armata. E' una bomba destinata a non esplodere. Un altro messaggio indirizzato a chi può decrittarne il contenuto.
27 Luglio - Alle 23,15 esplode in Via Palestro a Milano, davanti alla Villa Reale, un'autobomba, che distrugge completamente l'adiacente padiglione di arte contemporanea. Cinque persone vengono dilaniate dallo scoppio: tre pompieri, un vigile urbano e un immigrato dal Marocco.
Poco dopo esplodono a Roma due ordigni, uno sul retro della Basilica di San
Giovanni in Laterano, dove ha sede la curia e l'altro di fronte alla chiesa di San Giorgio al Velabro. Nelle stesse ore viene registrato un black out telefonico a Palazzo Chigi: la sede della presidenza del Consiglio rimarrà isolata per alcune ore.
Gli episodi vengono messi in relazione agli attentati di via Fauro a Roma (14 maggio) e di via dei Georgofili a Firenze (27 maggio).
16 Settembre - La Procura di Roma apre un un'inchiesta sulla Falange Armata. Alla base delle indagini un rapporto congiunto di polizia e carabinieri che individua in 16 ufficiali del SISMI i telefonisti che, proprio a nome dalla Falange armata, hanno rivendicato numerose azioni terroristiche. L'inchiesta parte da una indagine interna ordinata dall’ambasciatore Paolo Fulci, fino al 1992 responsabile del CESIS, il
comitato di coordinamento dei servizi segreti. Per scoprire la fondatezza di voci che individuavano come provenienti dagli uffici del SISMI le telefonate della Falange Armata, era stato lo stesso Fulci a far predisporre alcune intercettazioni telefoniche che avrebbero confermato i sospetti.
21 Settembre - Il SISDE avverte la polizia ferroviaria della stazione Ostiense di Roma che sulla Freccia dell'Etna c'è una bomba. Nel bagno del vagone n.14 vengono trovati quattro chili di "brixia", cioè polvere da mina usata nelle cave di marmo.
L’ordigno comunque non sarebbe potuto esplodere perché privo di detonatore.
7 Ottobre - Viene individuato l'informatore del SISDE che ha fatto scoprire la bomba sulla Freccia dell'Etna il 21 Settembre. E' Rosario Allocca, un pregiudicato napoletano, il quale asserisce "...E' stato il mio corrispondente del SISDE a inventare tutto, e' stato lui a chiedermi di fare in modo che sul treno 810 ci fosse una bomba da trovare...".
Allocca avrebbe ricevuto l'incarico dal capozona del SISDE di Genova, il ten. col.dei carabinieri in forza al SISDE, Augusto Maria Citanna, che verrà in seguito incriminato
Ormai si parla di Seconda Repubblica. I messaggi sono lampanti, quelle autobombe sono ordigni dialoganti, in tutti gli attentati emergono simbologie massoniche precise. Eppure la magistratura batterà, senza prendere in considerazione alcuna alternativa, la sola pista della mafia siciliana. Con un teorema quanto mai fantasioso: uno dei maggiori esperti d'arte vivente, un tale Salvatore Riina, simpaticamente chiamato dai suoi "Totò u curtu", avrebbe ordinato quegli attentati per colpire delle opere d'arte nazionali, obiettivi che, semmai, appaiono solo sullo sfondo, quasi un obiettivo collaterale, in appena tre dei cinque episodi stragistici.
Ma anche qui abbiamo,guarda caso, un Gaspare che si pente non Pisciotta questa volta ma Spatuzza:a Spatuzza ne parla Giuseppe Graviano, all’indomani della strage di Firenze (maggio 1993): «Si tratta di politica, c’è in atto una situazione che se va a buon fine ne avremo tutti i benefici, sia i carcerati che gli altri». E poi di nuovo a metà gennaio 1994, seduti al bar Doney di via Veneto: «Abbiamo il paese in mano» disse Graviano a Spatuzza, grazie all’interessamento «di persone di fiducia, Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri» che da qualche mese stava organizzando la discesa in campo del Cavaliere con Forza Italia. Dopo pochi mesi i fratelli Graviano furono arrestati a Milano. Spatuzza molto dopo, nel 1997. Fatto sta che della strage allo Stadio Olimpico, ennesima e finale prova di forza per siglare la trattativa tra politica e Cosa Nostra e già saltata nel dicembre 1993 per un difetto nell’innesco, non se ne seppe più nulla.
Luglio '93, presso lo studio del notaio Roveda di Milano, venne costituita l'associazione "Forza Italia! Associazione per il buon governo.
Agosto del 1993 quindi si arrivò a una riunione dei principali dirigenti Fininvest e degli altri esterni aderenti al progetto, nel corso del quale la decisione venne comunicata a Confalonieri e a Letta. In quell'occasione erano presenti: Giuliano Urbani, Gianni Pilo, Dell'Utri, l'avv. Travaglia, Angelo Codignoni, Doris e Baldini. Nell'ambito di questo incontro, avvenne un forte scontro tra Confalonieri e Berlusconi.
"Sull'accelerazione nella attuazione del progetto ebbero influenza sia il rapido deteriorarsi della politica della cosiddetta Prima Repubblica, sia il deteriorarsi anche dell'ordine pubblico, manifestatosi nella lunga serie di stragi avvenute nel 1992 e 1993. Il pericolo paventato era che questa situazione di confusione potesse portare al potere forze non democratiche  e, in particolare, che preponderante divenisse il ruolo di Rifondazione comunista."Ecco allora il salvatore l'uomo che ci avrebbe preservati tutti dal comunismo:Silvio Berlusconi...
Quanto simili sono il 47 ed il 93..?....aloi calabrese

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